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martedì 2 marzo 2010

Pirateria informatica: responsabilità dei gestori dei siti e divieto d’accesso … a internet!

La sentenza della Cassazione 29 settembre - 23 dicembre 2009, n. 49437, si segnala per i principi che fissa, alcuni dei quali anche di segno contrario rispetto ai precedenti.
I giudici della Cassazione, infatti, ritengono che l’utilizzo di tecnologie di trasmissione peer-to-peer (quelle cioè che consentono il trasferimento di file direttamente tra utenti, anziché dal sito web all’utente) non esclude la configurabilità del reato di cui all’art. 171, comma 1, lett. A-bis, L.D.A. (che punisce l’attività di chi metta a disposizione del pubblico attraverso internet opere protette dal diritto d’autore) da parte del titolare del sito web. E ciò sebbene, attraverso la tecnologia in questione, il titolare del sito non “detenga” mai nei propri database l’opera protetta, che al contrario si trova presso gli utenti, e da questi stessi trasferita ad altri soggetti.
In tale ipotesi – ferma restando l’illiceità della condotta degli utenti che uploadano i file, mettendoli a disposizione di altri – anche il titolare del sito web concorre nel medesimo reato, qualora non si limiti a mettere a disposizione degli utenti il protocollo di comunicazione peer-to-peer, ma faccia qualcosa di più, come ad esempio indicizzare le informazioni che provengono dagli utenti, rendendo più facile l’individuazione delle opere magari attraverso un motore di ricerca.
Inoltre, secondo i Supremi Giudici, è legittima l’ordinanza cautelare che non si limiti al sequestro di un sito web illegale, ma disponga che gli ISP (Internet Service Provider) – pur estranei al reato – inibiscano agli utenti l’accesso al sito.
In tal caso il provvedimento cautelare assume un contenuto complesso: da un lato, quello tipico del sequestro preventivo, di carattere reale, legittimo anche nei confronti di un sito web, poiché ha ad oggetto l’apprensione di una res non necessariamente materiale (giurisprudenza costante a riguardo). Dall’altro, una vera e proprio inibitoria, priva del carattere reale, ma non per questo illegittima se rispettosa dei principi di legalità e tipicità.
E invero, il D.Lgs. 9 aprile 2003, n. 70 (in attuazione della direttiva 2000/31/CE relativa ai servizi della società dell’informazione) configura in capo all’autorità giudiziaria uno speciale potere inibitorio, in deroga al principio della libera circolazione dei servizi di accesso alla rete internet, che le consente di ordinare agli ISP di precludere agli utenti l’accesso alla rete internet, al fine di evitare il perpetrarsi del reato di cui all’art. 171-ter, comma 2, lett. a-bis L.D.A..
L’ultimo principio che si segnala per la netta inversione, riguarda la competenza territoriale, in quanto la Cassazione ha respinto l’eccezione di difetto giurisdizione fondata sulla mera localizzazione all’estero dell’hardware del sito, perché, ritenendo i titolari del sito responsabili del reato in esame in “concorso” con l’utente finale, ha applicato l’art. 6 c.p. al caso di specie. Ne discende che, poiché il reato – attraverso il download dell’utente – si perfeziona nel territorio italiano, a nulla rileva che l’attività di trasmissione dei dati attraverso la rete internet avvenga al di fuori dei confini nazionali, essendo sufficiente che una parte dell’azione penalmente rilevante sia avvenuta nel territorio dello Stato per considerare l’illecito come commesso in Italia.

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