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mercoledì 24 marzo 2010

Le condizioni che legittimano l’azione legale a tutela dell’ambiente

Con la Decisione del 26/02/2010, n. 1134, il Consiglio di Stato ha disposto che il criterio della vicinitas costituisce la base del riconoscimento della legittimazione ad agire dei singoli che agiscano a tutela del bene ambiente e, in particolare, a tutela di interessi incisi da atti che li ledono direttamente e personalmente, unitamente all'intera collettività che insiste sul territorio.
A tale criterio, tuttavia, va attributo il senso non di stretta contiguità, bensì di stabile e significativo collegamento, da indagare caso per caso, del ricorrente con la zona il cui ambiente si intende proteggere.
Nella specie, tale situazione di stabile e significativo collegamento con l'area destinata alla realizzazione dell'impianto è effettivamente individuabile nell'insistenza delle aziende dei ricorrenti nell'ambito potenzialmente soggetto ad effetti diretti ed indiretti sull'uomo, sulla fauna, sulla flora, sul suolo, sulle acque di superficie e sotterranee, sull'aria, sul clima, sul paesaggio e sull'interazione tra detti fattori, sui beni materiali e sul patrimonio culturale ed ambientale, ossia sugli elementi da valutarsi ai fini del giudizio di compatibilità ambientale del progetto.
E non v'è dubbio che la distanza da 600 a 2000 metri non sia di ostacolo alla configurazione della ripetuta situazione di vicinitas, intesa nel significato predetto, avuto riguardo alla natura ed alla potenzialità dell'impianto autorizzato, in particolare all'enorme quantità ed eterogeneità dei rifiuti di cui si consente lo smaltimento o il recupero e di quelli da stoccare.
In altri termini, tanto basta a qualificare e differenziare la posizione giuridica soggettiva dei ricorrenti ed il loro interesse a far valere l'illegittimità dell'autorizzazione all'installazione ed al funzionamento dell'impianto a tutela dell'integrità delle proprie attività, siano esse agricole o zootecniche, anche con connotati industriali, svolte sui fondi di pertinenza.
Ai sensi dell'art. 208, comma 6, D.Lgs. n. 152 del 2006, sulla base delle risultanze dell'apposita conferenza di servizi la Regione approva il progetto ed autorizza la realizzazione e la gestione dell'impianto.
Non diversamente dall'art. 14-ter, comma 9, L. n. 241 del 1990, lo stesso comma 6 stabilisce che l'approvazione sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori.
E', dunque, solo tale approvazione, e non il presupposto giudizio di compatibilità ambientale, che si configura come provvedimento finale del procedimento autorizzativo, costitutivo dei previsti effetti esterni, perciò esso solo idoneo ad incidere su posizioni giuridiche soggettive.
Conseguentemente, il relativo termine iniziale di impugnativa non può che coincidere con la notifica o l'acquisizione della piena conoscenza di tale provvedimento.
L'art. 19, comma 1, L. n. 1034 del 1971 prevede che, fino all'intervento di un'apposita legge di procedura, le norme di procedura dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato si applicano nei giudizi davanti ai tribunali amministrativi.
Non v'è dubbio, perciò, che la norma relativa alla necessità di mandato speciale, da sempre applicata non solo all'atto introduttivo del giudizio ma anche alla costituzione in giudizio dell'amministrazione resistente, operi per tutti i giudizi in questione, ivi compreso, ovviamente, quello che dà luogo a sentenza in forma semplificata.
Ciò anche e proprio per la mancanza di alcuna deroga al riguardo contenuta nella relativa disciplina.
Ai sensi sia dell'art. 2, lett. b), D.P.R. 12 aprile 1996, sia dell'art. 24, lett. b), D.Lgs. n. 152 del 2006, la valutazione di impatto ambientale deve assicurare che per ciascun progetto siano valutati gli effetti diretti ed indiretti della sua realizzazione sull'uomo, sulla fauna, sulla flora, sul suolo, sulle acque di superficie e sotterranee, sull'aria, sul clima, sul paesaggio e sull'interazione tra detti fattori, sui beni materiali e sul patrimonio culturale ed ambientale.
Nella specie, alcuna di siffatte valutazioni risulta eseguita, atteso che nella relazione istruttoria le informazioni inerenti l'area in cui è prevista l'ubicazione delle opere sono limitate all'indicazione della destinazione urbanistica a zona industriale di progetto del lotto di insediamento e del relativo accesso.
Né in alcun altra parte della relazione vi è traccia delle ridette valutazioni e, in particolare, manca ogni considerazione sulla stessa esistenza di insediamenti produttivi circostanti o comunque da ritenere viciniori nei sensi sopra espressi.

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