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lunedì 1 marzo 2010

Il licenziamento per il superamento del periodo di comporto non è soggetto a decadenza

Il comporto è l’arco temporale durante il quale sussiste il divieto di licenziamento del lavoratore, assente per malattia o infortunio, ai sensi e per gli effetti dell'art.2110 c.c..
Con sentenza del 28/01/2010, n. 1861, la Cassazione ha stabilito che l’impugnazione del licenziamento per il superamento del periodo di comporto è soggetta esclusivamente al termine di prescrizione lungo dei dieci anni e non anche al termine di decadenza di sessanta giorni, di cui alla generale disciplina dei licenziamenti individuali dettata dalla legge n. 604 del 1966. In particolare, poiché il termine di decadenza non è applicabile necessariamente in tutti i casi di recesso da parte del datore, in quanto il termine di sessanta giorni per l'impugnazione del licenziamento previsto dall'art. 6 l. n. 604 del 1966 deroga al principio generale desumibile dagli art. 1421 e 1422 c.c., secondo il quale, salvo diverse disposizioni di legge, la nullità può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse e l'azione per farla dichiarare non è soggetta a prescrizione.
Ne consegue che, sotto questo profilo, lo disposizione di cui al citato art. 6, l. n. 604 del 1966 è da considerarsi di carattere eccezionale e non è perciò applicabile, neanche in via analogica, ad ipotesi di nullità del licenziamento che non rientrino nella previsione della citata legge. E' pertanto da escludersi che il suddetto termine di sessanta giorni per l'impugnativa sia applicabile ai licenziamenti previsti dall'art. 1, l. n. 7 del 1963 (sul divieto di licenziamento delle lavoratrici per causa di matrimonio) e dall'art. 2, t. n. 1204 del 1971 (sulla tutela delle lavoratrici madri), dagli art. 1421 e 1422 c.c. (Cass.civ., 30 maggio 1997, n.4809: nello stesso senso, 27 marzo 2003, n. 3022, con riferimento al licenziamento non intimato per iscritto e perciò privo della forma richiesta ad substantiam dalla legge, nonché 14 agosto 2008, n. 21702, per il licenziamento motivato con il superamento dei limiti di età ed il possesso dei requisiti pensionistici nel caso in cui il prestatore abbia esercitata l'opzione per la prosecuzione del rapporto).
Esigenze logiche di coerenza sistematica, secondo la sentenza in epigrafe, impongono allora di estendere il medesimo principio della non applicabilità della norma di carattere eccezionale al recesso per superamento del periodo di comporto, che pure rappresenta una forma speciale di cessazione del rapporto di lavoro, come tale non disciplinata dalla legge di carattere generale n. 604 del 1966, né dalla disciplina della risoluzione per impossibilità sopravventua parziale della prestazione, ma dall'art. 2110 cod.civ, con la conseguenza che l'impugnazione da parte del prestatore di lavoro non è soggetta al termine di decadenza stabilito dall'art. 6 della suddetta legge.

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