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mercoledì 2 dicembre 2009

Gli accertamenti del Fisco devono essere giustificati

L'art. 32, primo comma, del DPR 600/1973, attribuisce agli uffici del fisco un complesso di poteri per l’espletamento dei loro compiti. Nell’esercizio di tali facoltà, gli uffici preposti talvolta operano degli accertamenti sui titolari dei conti correnti, senza che ne ricorrano le condizioni.
Ebbene, con sentenza n. 23852/2009, la sezione TRIBUTARIA della Cassazione ha chiarito che in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la presunzione legale relativa prevista dalla citata legge introduce una presunzione legale relativa a carico del contribuente che sia titolare dei conti correnti bancari. Ciò significa che la stessa legge ritiene certo, fino a prova contraria che deve essere fornita dal contribuente, che tutti i movimenti di un conto corrente intestato al contribuente sono riconducibili al medesimo.
La disposizione, ad ogni buon conto, non consente l'accertamento indiscriminato nei confronti di tutti coloro che abbiano intestato un conto corrente, ma attribuisce solo la facoltà di accertare il reddito del contribuente con agevolazione probatoria in favore del Fisco, poiché l'onere della prova è a carico del contribuente.
Con la citata norma, pertanto, il legislatore intende attribuire rilievo normativo a quanto si riscontra nella pratica, che spinge a supporre che le rimesse in un conto corrente di un contribuente sono normalmente derivanti dalle sue attività, eliminando, nel contempo, qualunque interpretazione distorta che possa considerare le movimentazioni bancarie attinenti a situazioni equiparabili a patrimoni separati o simili fattispecie.
Ne consegue, a detta della Cassazione, che si cade in errore normativo nel momento in cui si confondono i due piani delle condizioni che giustificano l'accertamento e la determinazione del quantum (il reddito o i ricavi); per cui deriva la necessità di dimostrare se aliunde sia legittimo l'accertamento.

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