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mercoledì 27 gennaio 2010

Ti diseredo! O no … ?

Magari in un momento d’ira particolarmente acuta, è possibile che tra genitori e figli o tra coniugi “scappi” una frase simile che potrebbe segnare in negativo il futuro dello sfortunato destinatario. Tuttavia, ha poco da temere e lo si può rassicurare chiarendo che l’istituto della diseredazione non è ammissibile nel nostro ordinamento. Fatti salvi i diritti dei legittimari, riconosciuti direttamente dalla legge, il problema si è posto per gli altri parenti eredi legittimi, nei confronti dei quali chi dispone per testamento potrebbe manifestare la volontà di non attribuire alcunché (ad esempio, “escludo dalla successione mio fratello”).
Ebbene, una delle ragioni della suddetta inammissibilità riposa nella considerazione che l’art. 587, c.c., sancendo che il testatore “dispone di tutte le sue sostanze o parte di esse”, impone che la volontà venga espressa in positivo, mediante l’assegnazione dei beni, e non in negativo, con l’esclusione di taluni soggetti.
Non mancano, però, sentenze della Cassazione, come la n. 5895 del 18 giugno 1994, che statuiscono come la volontà della diseredazione può valere a far riconoscere una contestuale volontà di istituzione di tutti gli altri successibili non diseredati solo quando, dallo stesso tenore letterale della volontà, o dal complesso dell’atto che la contiene, risulti la volontà di attribuire positivamente, con la conseguenza che solo in questo caso è possibile cercare anche all’esterno dello scritto che la contiene, l’effettivo contenuto della volontà di istituzione.

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