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mercoledì 27 gennaio 2010

Successione ereditaria: determinazione della quota di legittima in caso di rinunzia di un legittimario

Com’è noto, la legge riserva a favore di determinati soggetti (coniuge, figli e ascendenti), detti legittimari, una quota del patrimonio ereditario, indipendentemente dalla volontà di chi ha disposto con testamento. Un problema particolarmente dibattuto riguarda la determinazione di tali quote, nell’ipotesi che un avente diritto (ad esempio il coniuge) dovesse rinunciare a quanto gli spetta. Infatti, mentre una parte di dottrina e giurisprudenza sostiene che chi rinuncia si deve considerare come se non esistesse ai fini divisori, l’altra parte sostiene che la quota non accettata si accresce proporzionalmente a favore degli altri beneficiari.
Vista l’incertezza che regnava la materia, la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, con sentenza n. 13524, del 12 giugno 2006, ha disposto che ai fini della individuazione della quota di riserva spettante alle singole categorie di legittimari e ai singoli legittimari nella stessa categoria, occorre fare riferimento alla situazione esistente al momento dell’apertura della successione, e non a quello che si viene a determinare per effetto del mancato esperimento (per rinunzia o prescrizione) dell’azione di riduzione da parte di qualcuno dei legittimari. Con la conseguenza che la quota dei legittimari non rinunzianti non si accresce per effetto della rinuncia da parte di uno di essi all’esperimento dell’azione di riduzione, né la quota viene ricalcolata come se il legittimario rinunciante non fosse mai venuto alla successione.
Per la Corte, quindi, la quota che sarebbe andata al legittimario rinunciante se avesse agito in riduzione non va in ogni caso a beneficio dei legittimari accettanti, né per accrescimento in senso tecnico, né a seguito del ricalcolo delle quote dei legittimari accettanti. Essa incrementa piuttosto la quota di cui il testatore poteva disporre liberamente, e quindi va a beneficio di donatari, eredi o legatari.

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