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mercoledì 26 maggio 2010

Locazione e indennità per perdita dell’avviamento: ecco come dimostrarlo

Con sentenza del 06/05/2010, n. 10962, la Cassazione è intervenuta sulla problematica della prova dei requisiti richiesti per ottenere tale indennità, disponendo che, in generale, in tema di indennità per la perdita dell'avviamento commerciale, la sussistenza del requisito richiesto dall'art. 35 della legge 27 luglio 1978, n. 392, si ravvisa nell'esigenza che l'immobile locato sia utilizzato dal conduttore, nell'esercizio dell'impresa o del lavoro autonomo, come luogo aperto alla frequentazione diretta (senza intermediazione) della generalità originariamente indifferenziata del pubblico per concludere rapporti negoziali con il conduttore, sul quale incombe l'onere di fornire, con qualsiasi mezzo, la prova della sussistenza delle relative condizioni, sempre che siffatta frequentazione non risulti implicitamente, in virtù del notorio, dalla destinazione dell'immobile ad attività che necessariamente la implichi.
Ovvero, in materia di locazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, la destinazione dell'immobile all'esercizio dell'attività commerciale, in tanto può determinare l'esistenza del diritto all'indennità per la perdita dell'avviamento, in quanto il conduttore istante provi che il locale possa essere considerato come luogo aperto alla frequentazione diretta della generalità dei consumatori e, dunque, da sé solo in grado di esercitare un richiamo su tale generalità, così divenendo un collettore di clientela ed un fattore locale di avviamento.
Del resto, l’indennità per la perdita dell'avviamento commerciale, prevista dall'art. 34 legge 27 luglio 1978, n. 392, è dovuta al conduttore uscente a prescindere da qualsiasi accertamento circa la relativa perdita ed il danno che il conduttore stesso abbia subito in concreto in conseguenza del rilascio, con la conseguenza che essa spetta anche se egli continui ad esercitare la medesima attività in altro locale dello stesso immobile o in diverso immobile situato nelle vicinanze. Su tali aspetti generali cfr., ad es., Cass. n. 20829 del 2006 e, da ultimo, Cass. n. 6948 del 2010. C
Inoltre, in caso di locazione di immobile per uso promiscuo, cioè per lo svolgimento di attività plurime, alcune soltanto delle quali comportino il contatto diretto con il pubblico degli utenti e dei consumatori ed altre no, la prevalenza del primo tipo di uso rispetto al secondo deve essere provata dal conduttore che, alla cessazione del rapporto, reclami la corresponsione dell’indennità in oggetto, e non dal locatore.
Infine, con tale decisione è stato escluso che, in difetto di contestazione da parte del locatore convenuto, il conduttore che agisca per il versamento dell’indennità in questione abbia l’onere di provare anche che l’attività comportante contatto diretto col pubblico fosse lecitamente svolta sotto il profilo amministrativo, giacché non si ha l’onere di provare i fatti che non siano contestati e poiché corrisponde all’ “id quod plerumque accidit” che chi esercita un’attività commerciale sia munito delle necessarie autorizzazioni per svolgerla.

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