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giovedì 13 maggio 2010

Incidenti stradali: il danno derivante dalla ridotta capacità lavorativa va risarcito a titolo di lucro cessante

Con sentenza del 30 marzo 2010, n. 7631, la Cassazione ha stabilito che il diniego, da parte dei giudici d’appello, di riconoscere al ricorrente il risarcimento, a titolo di lucro cessante, del danno derivante dalla differenza tra il reddito percepito dal lavoratore dipendente ed i minori redditi da lavoro autonomo dal medesimo percepiti nei tre anni successivi, deve ritenersi assolutamente illegittimo.
Esso si pone, in particolare, in contrasto con la norma dell’art. 4 della legge n. 39 del 1977 e con i criteri di liquidazione in essa stabiliti.
Come è noto, tali criteri sono applicabili, in tema di risarcimento danni alla persona derivanti dalla circolazione stradale, nei soli casi in cui il danneggiato sia percettore di reddito di lavoro (Cass. n. 10269/94) e sempre che dal sinistro sia derivata una invalidità permanente che abbia cagionato un danno correlato al mancato guadagno futuro conseguente ad una riduzione della capacità lavorativa.
In tali casi “le dichiarazioni dei redditi hanno efficacia probatoria privilegiata, ai sensi dell’art. 4 l. 26.2.1977 n. 39, soltanto quando ricorrano due condizioni: oggetto del giudizio sia l’azione diretta promossa dal danneggiato nei confronti dell’assicuratore della r.c.a. del responsabile, ex art. 18 l. n. 990 del 1969; che il danno che si intende provare con la dichiarazione dei redditi sia costituito da una contrazione del reddito conseguente ad invalidità permanente” (Cass. n. 11007/2003).
A prescindere dalla circostanza che in tema di liquidazione del danno patrimoniale futuro derivante dalla diminuita capacità “l’art. 4 d.l. n. 587 del 1976... non richiede che il reddito desumibile dal modello 740 debba essere altrimenti avvalorato...” (Cass. n. 6941/1996), va tenuto conto, in particolare, del ruolo specifico e determinante che assumono in subiecta materia le dichiarazioni fiscali, per cui risulta assolutamente arbitrario il rilievo secondo cui “le dichiarazioni fiscali non provano che il lavoratore non possa raggiungere un guadagno più elevato di quello dichiarato”.

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